Izzo:"A Scampia l'unica parola era sopravvivenza" - IL TORO SIAMO NOI
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Izzo:”A Scampia l’unica parola era sopravvivenza”

Intervistato da ‘Cronache di spogliatoio’, Armando Izzo ripercorre i momenti dell’infanzia vissuta a Scampia: “L’unica parola era sopravvivenza”.

Dopo un avvio di stagione difficile e segnato dalle frequenti esclusioni, Armando Izzo si è ripreso il Torino e un posto da titolare nella difesa di Giampaolo prima e Nicola poi, segnando anche due reti consecutive contro Napoli e Parma.

Il centrale campano si è raccontato nell’intervista concessa ai microfoni di ‘Cronache di spogliatoio’ partendo dalle difficoltà risalenti all’infanzia trascorsa a Scampia, quartiere di Napoli dalle mille problematiche.

“Per me la parola alternativa non era contemplata. Quando nasci a Scampia non sai cosa c’è fuori, non vedi altre prospettive. Per me l’unica parola era sopravvivenza”.

I ricordi si concentrano sulle partitelle giocate per strada, confronti che a Izzo sono serviti per guadagnarsi il rispetto dei suoi coetanei.

“Le partitelle erano una guerra. C’era di tutto. E nessuno voleva perdere. C’erano bambini, c’erano figli di mafiosi, c’erano pregiudicati, e soprattutto c’era tanta competitività. Entrate dure, agonismo puro. Io il rispetto me lo sono guadagnato sul campo. Ero bravo e per questo mi rispettavano. Nessuno mi ha mai detto: ‘Sei un fenomeno’. Non mi dicevano niente, ma quando facevamo le squadre ero sempre il primo a essere scelto”.

Il Napoli rappresenta un pezzo di cuore, un condensato di emozioni che riportano Izzo a tempi ormai andati.

“Sono cresciuto con le cassette di Maradona e mano nella mano con mio padre andavo al San Paolo. Quando ci ho giocato contro con il Genoa, anni dopo, il team manager Fabio Pinna prima che entrassi in campo dalla panchina mi ha abbracciato. Aveva capito quanto contasse per me quel momento. La maglia di Higuaín la conservo ancora, insieme a quella del mio primo gol in Serie A è la più significativa”. 

La morte precoce del padre fu un duro colpo e, allo stesso tempo, l’inizio delle responsabilità nei confronti dei suoi fratelli.

“Per questo non posso permettermi di mollare. È la mia forza, non posso perdere il coltello tra i denti. La fame mi ha portato dove sono e non ho paura di tornare indietro. Né di guardare in quel buco nero. Ho sofferto quando uscirono le voci del calcioscommesse. La mia immagine davanti a tutti: il mio sogno stava svanendo all’improvviso. Ho avuto un lampo: non volevo me lo portassero via”.