Il pensiero di un tifoso:”CI hai rotto il cazzo,è più giusto..”
Il dramma vero di seguire, non dico tifarlo perchè sarebbe davvero esagerato, le vicende legate al Torino FC, è dato dal completo senso di abbandono nel quale si è costretti a veleggiare, come in uno stato di perenne bonaccia e con le vele ammainate, nella costante ed assoluta certezza che anche un breve attimo non dico di felicità, ma di speranza, sia destinato a durare meno di un coito di un coniglio.
Alzi la mano chi di voi, ieri sera, dopo il gol di Nkoulou ha pensato “oggi ce la facciamo”, non dico a vincere eh, ma almeno a pareggiarla.
Alzi la mano chi di voi, ieri sera, dopo il pari di Mcchicken Menù ha immediatamente alzato gli occhi al cielo sospirando “abbiamo perso anche questa…”
Penso che tutti voi capiate ciò che voglio dire.
La vera tragedia che segna i nostri giorni è che siamo tutti perfettamente consci che non esiste alcuna maledizione.
Sfortuna o volontà divine non influenzano il destino di una realtà destinata ad essere perennemente subalterna ai gobbi dal lato sportivo, ma da quando la figura di Cairo si è meschinamente introdotta nel nostro mondo,
si è assistito ad un costante e pervicace abbandono della speranza.
Il significato di tifare Toro è oramai mutato, ma sarebbe meglio dire degenerato in una assurda sequela di improperi lanciati a caso contro il destino e di frasi retoriche scritte sui social per rimarcare e riaffermare una differenza che non solo non esiste più, ma che risulta oggi patetica, imbarazzante, stucchevole.
Da riscatto sociale e desiderio di rivalsa il tifare granata oggi si è trasformato in un qualcosa di molto simile al prenderlo in culo e quasi gioirne, perché noi siamo “diversi”, forse però si è equivocato sul significato del termine e nella sua accezione.
La trasmutazione oramai è quasi completa, comunque: manca davvero poco.
Osservare le partite, chiamiamole così in un impeto di profonda genenosità, della premiata ditta Cairo/Giampaolo, è come presentarsi alla scala per assistere alla prima di un’opera interpretata da un cantante stonato.
Alla prima stecca si soffre, alla seconda ancora peggio, ma poi si aspettano le altre per riderci sopra.
L’ineluttabilità ci attende inesorabile, lo sappiamo, e allora tanto vale far buon viso a cattivo gioco, giusto?
Se non ci si riesce diventa tutto più sgradevole di quando ti si forma la pellicina nel latte caldo, e poi per sbaglio la sorseggi.
Il Torino FC di Cairo è un mucchio di certezze fondate sull’ignoranza.
Le colpe sono sempre dei giocatori o dell’allenatore di turno, nei momenti di difficoltà il presidente sparisce come Renatino Vallanzasca, per poi tornare nel caso ci sia da prendersi qualche merito.
L’allenatore attuale è un esaltato che crede di aver inventato il calcio ma che dati alla mano ha un curriculum miserabile: nemmeno una promozione sul campo dalla C alla B o dalla B alla A.
I giocatori, quasi tutti per lo meno, sembrano coltivatori diretti, ma diretti non si sa dove.
Tempo fa mi capitó di parlare insieme ad un anziano tifoso affetto purtroppo da Alzheimer.
Non riconosceva quasi più la moglie ed i figli, però si ricordava di Cimminelli.
Quando chiesi come fosse possibile mi venne risposto che le esperienze drammatiche restano maggiormente impresse nella memoria e resistono all’erosione praticata dal tempo e da subdole patologie.
Se è vero, fra 20/30 anni saremo ancora qui a ricordare con precisione e dovizia di particolari l’epoca d’oro del nano di Masio.
Sarà semplicissimo farlo, magari perché sarà ancora presidente: d’altro canto si sa che l’erba cattiva è la più difficile da eliminare.
“Ci hai rotto il cazzo”
Al singolare suona decisamente meglio.
E.B.