La strana storia di Josè Franco Ramallo - IL TORO SIAMO NOI
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La strana storia di Josè Franco Ramallo

Doveva essere la stella del Torino di Attilio Romero, sarà invece una clamorosa meteora, e, considerato quanto è costato, un grande rimpianto. Parliamo di José Maria Franco Ramallo, per tutti semplicemente José Franco.

Nato a Montevideo il 28 settembre 1978, l’uruguayano, dopo aver fatto il settore giovanile con la Juventud, debutta da professionista con il Central Español, piccola compagine della capitale, per poi passare ad una big, il Peñarol, nel 1998.

Con i gialloneri l’attaccante milita per tre stagioni, attirando nell’estate 2001 l’attenzione del club granata. Ad annotare il suo nome sul taccuino è niente meno che Sandro Mazzola, dirigente che ricopre per il Torino il ruolo di Direttore dell’Area Tecnica. 

Proprio sulla spinta dell’ex capitano dell’Inter, Romero fa uno sforzo economico e decide di investire una cifra consistente, 14 miliardi di vecchie Lire, per portare in Italia il giocatore, assistito dal noto procuratore Paco Casal. Il ragazzo sbarca nella penisola il 17 luglio 2001 e Mazzola spende subito per lui parole importanti.

“Si tratta di un investimento importante”, assicura.

José Franco ha un fisico imponente: è alto un metro e 87 centimetri e pesa 82 chilogrammi, e nonostante i tifosi granata restino dubbiosi sul suo conto, arriva con la fama di essere una punta estremamente veloce e con uno scorer di 9 reti nel campionato uruguayano e di 14 goal in Copa Libertadores, nonché come riserva della Celeste, con cui aveva debuttato nel 2000 nella gara di qualificazione ai Mondiali 2002 giocata a La Paz contro la Bolivia.

“Devo migliorare ancora moltissimo. – dichiara dall’Hotel Miramonti di Cogne – Un giorno vorrei avere la testa di Francescoli e i piedi di Asprilla. Vorrei vincere nel Torino, che è una squadra grande e importante come mi ha detto Francescoli, e conquistare magari uno Scudetto“.

Non manca un messaggio al suo allenatore, Giancarlo Camolese.

Spero che il tecnico mi dia la possibilità di dimostrare quanto valgo. Sono molto potente e mi piace fare molti goal. Cristiano Lucarelli è un grande attaccante e un grande giocatore, mi piacerebbe giocare con lui se il mister me lo permetterà”. 

Nonostante una bambina che sta per nascere e l’impegno in Copa America dell’Uruguay, il nuovo acquisto granata sceglie di stare in Italia per ambientarsi prima.

“Metto da parte le nostalgie per fare un buon ritiro precampionato. – dichiara – C’erano le possibilità di una convocazione con la Celeste, ma ho preferito venire a fare la preparazione con il Torino“.

José Franco, che pernotta al Jolly Hotel Ambasciatori, con una stanza pagata dal club, inizia così a lavorare con la squadra e ad allenarsi con i compagni. Ma presto insorgono intoppi di carattere economico nella chiusura dell’operazione fra il Torino, che non è più convinto di spendere quella cifra considerevole per un ragazzo che visto all’opera non sembra il fenomeno dipinto da Mazzola e dal suo procuratore Paco Casal, e il Peñarol, proprietario del cartellino.

All’attaccante è permesso continuare ad allenarsi ‘gratis’ con il gruppo ma è messo fuori rosa. Mazzola, il suo mentore, non apre più bocca, lui di colpo si ritrova giovane straniero in un Paese che non conosce e senza un soldo, perché il club piemontese si rifiuta di pagargli lo stipendio finché non sarà risolta la questione.

Fra i tifosi che seguono la squadra c’è persino chi mette in dubbio le sue qualità migliori.

“Quello è lento come una lumaca, il terzino della Primavera non l’ha mai fatto passare”, sostiene un supporter granata. “È proprio scarso, di giocatori così è piena la Serie C”, afferma un altro. “È bravino, ma non ci serve”, controbatte un altro.

Nel momento di massima difficoltà, tuttavia, corre in suo aiuto il difensore della Juventus Paolo Montero, suo connazionale, che alla durezza in campo abbina un cuore tenero nella vita di tutti i giorni e decide di ospitare l’attaccante granata finché le cose non saranno a posto.

Pronto José, sono Montero, mi dispiace per quello che ti è accaduto, se vuoi puoi stare un po’ di tempo da me, finchè non ti sistemi“.

Inizialmente José Franco è titubante, anche perché è nota la rivalità fra Torino e Juventus, ma alla fine non può far altro che accettare l’ospitalità del centrale bianconero.

“Se non ci fosse lui, sarei fregato. – dice a ‘La Repubblica’ – Ogni giorno che passa devo dire grazie a Paolo“.

In un momento tanto difficile, il ventiduenne José Franco decide di non mollare e di provare fino in fondo a coronare il suo sogno di sfondare nel calcio italiano.

“Quando sono arrivato – confessa al suo intervistatore – ho fatto delle spese, mi sono comprato la macchina e dei vestiti. Ero molto contento, pensavo che il mio contratto fosse a posto. Ora mi trovo bene nel gruppo, parlo un po’ con Ferrante e un po’ con Venturin, che sa lo spagnolo”.

“Quello che sta succedendo mi fa soffrire molto – ammette – ma non voglio arrendermi. Non voglio pensare di tornare indietro. In Uruguay la situazione non è per niente facile, tutti i giocatori sognano di giocare in Europa. Mia moglie Jennifer mi chiama tutte le sere e mi dice di non mollare. Mi chiama Serafin Garcia, il mio amico del Peñarol, e mi dice di non mollare. Il mio procuratore mi chiede di avere fiducia e lavorare con umiltà. E allora cosa faccio? Sto qui, mi alleno, non mollo. Voglio giocare con il Toro“.

Dal suo arrivo in Italia sono passati circa 3 mesi e la situazione è diventata drammatica per il giocatore, che senza Montero, sarebbe stato costretto a far ritorno in patria.

“Paolo ha una casa molto grande, – spiega – in questi giorni ospita anche suo cugino. Torino non la conosco per niente, guardiamo molti film in videocassetta, abbiamo visto la partita di Champions League, sentiamo musica salsa, ma la sera non esco. Ho finito i soldi, la situazione è molto difficile. Il Toro non mi ha dato neanche una lira, il mio procuratore mi passa quello che serve per mangiare”.

Durante il ritiro del Torino in Valle d’Aosta è nata anche sua figlia Lucia Belen, ma José Maria non ha ancora potuto vederla e sogna di poter riunire presto la sua famiglia in Italia.

“Nell’unica partita che ho giocato quest’estate ho giocato male, è vero. – ammette – Ero emozionato, sentivo la pressione, ma al primo errore, tutti mi hanno criticato in modo spaventoso. Adesso sarei migliore, se solo mi lasciassero fare il mio mestiere. Voglio giocare ed essere felice”.

A gennaio del 2002, finalmente, dopo 6 mesi d’inferno, il presidente granata Romero sborsa la cifra pattuita al Peñarol e José Franco diventa a tutti gli effetti un giocatore del Torino. Sceglie il numero 7 e il 27 gennaio arriva l’agognato debutto in Serie A nella gara interna contro la Lazio, in cui l’uruguayano subentra all’80’ al match winner Cristiano Lucarelli. In quel momento la formazione di Camolese è al 9° posto in classifica, a ridosso della zona europea.

Pian piano le prestazioni dell’attaccante convincono Camolese a dargli fiducia e il 30 marzo 2002 al Bentegodi di Verona ha la sua giornata di gloria. Contro gli scaligeri, in caduta libera dopo il bel girone di andata, José Franco vive un pomeriggio di gloria. Partito titolare, al 27′, su un rinvio lungo della difesa, mostra le qualità per le quali era stato segnalato da Mazzola. 

Presa palla prima della metà campo, si lancia in una corsa stile João Pedro contro il Genoa, ma con difficoltà maggiore perché è inseguito da Oddo. Cristiano Lucarelli lo affianca, lui non gli cede il pallone e quando si trova davanti a Ferron, lo castiga con un tiro preciso. È l’1-0 che vale al Torino i 3 punti in trasferta. José Franco finalmente ce la fatta e si lascia andare ad un’euforica esultanza, togliendosi la maglia e correndo verso i compagni.

Mazzola, dopo le critiche ricevute, gongola.

“Questo non era nemmeno considerato un giocatore. Adesso possiamo venderlo, tanto non serve”, ironizza.

L’uruguayano segna anche contro l’Atalanta a Bergamo con un colpo di testa, fissando il punteggio sull’1-1, e il 21 aprile al Via del Mare contro il Lecce, risultando ancora una volta determinante per il pareggio per 1-1 dei suoi grazie ad una rete con il ‘colpo dello scorpione’. I primi 6 mesi effettivi sono positivi: 11 presenze complessive e 3 goal (decisivi) in Serie A, con il Torino che chiude all’11° posto con 43 punti e può partecipare l’anno seguente alla Copa Intertoto.

Ma l’idillio si spezza nel 2002/03. In una stagione disastrosa per la squadra granata, culminata con la retrocessione in Serie B da ultima in classifica, salta di fatto tutta la prima parte di campionato, non venendo mai convocato. In estate promette 10 goal, invece diventa un oggetto misterioso. Rispunta a gennaio durante la gestione Ulivieri, trovando anche una rete nella trasferta con il Bologna. Ma nella gara successiva contro l’Inter è protagonista di un colpo proibito a Cristiano Zanetti, che gli costa la squalifica con prova tv, ed esce dal campo per problemi muscolari.

Chiude la stagione con appena 6 presenze e un goal, più una presenza in Intertoto. Certamente troppo poco visto l’investimento oneroso fatto su di lui dalla società. E non va meglio l’anno seguente in Serie B, dove totalizza 8 gare senza goal. L’ultima stagione con la maglia granata lo vede da un lato grande delusione in campionato (15 presenze e zero reti), dall’altro bomber inatteso in Coppa Italia, dove mette insieme 5 goal in 4 presenze, di cui 4 a squadre di Serie A con doppietta nel ritorno degli ottavi di finale rifilata alla Sampdoria.

L’ultima sua immagine, che segna la fine definitiva dell’avventura granata, è un tiro al volo da buona posizione ciccato contro il Verona, quasi sedendosi sul pallone, con il quotidiano ‘La Stampa’ che all’indomani commenta:

La mangiata iniziale è quasi comica e condiziona il match“.

Per José Franco al Torino, dopo 45 presenze complessive e 9 reti in 4 stagioni, è davvero finita. Con il club piemontese della coppia Romero-Cimminelli sull’orlo del fallimento, l’attaccante fa ritorno in Sudamerica nell’estate 2005. Gioca in patria con i Santiago Wanderers per una stagione, poi all’improvviso, passato di nuovo al Peñarol, torna agli antichi splendori con 2 stagioni di buon livello in cui realizza 20 reti.

Dopo una parentesi al River Plate di Montevideo, va all’Emelec, in Ecuador, prima di chiudere la carriera in patria con il Fenix e la Juventud, la squadra in cui era cresciuto, nel 2014 all’età di 35 anni. Senza mai più vestire la maglia della sua Nazionale. I tifosi del Torino lo ricordano come una sfortunata meteora, ma sempre con affetto per quel goal spettacolare segnato in contropiede al Verona.co

Goal.com