Ferrero:”Come lo dico a Gabbiadini e agli altri?”
Dopo l’intervista di ieri del presidente del Genoa Preziosi, oggi è quello della Samp, Massimo Ferrero, a parlare a Il Secolo XIX. Queste le sue dichiarazioni, sull’emergenza Coronavirus e non solo: “Subito nessuno ha dato troppo peso a questo nemico invisibile e sottile, io invece avevo sempre detto che sarebbe cambiata un’epoca. Noi oggi stiamo tutti a casa, rispettiamo le regole, continuiamo a essere invasi dalle brutte notizie ma la gente non ne può più. Sarebbe utile, ripeto utile, capire che è arrivato il momento di fare riforme profonde per cambiare l’Italia. Pensare al dopo. Qui tante famiglie hanno finito i soldi, non mangiano, e lo stato non può limitarsi ai 100 euro di bonus. Devono stampare dei soldi. Smetterla con quei soliti teatrini dei politici, tu sei bravo… tu no… andare dalla D’Urso… andare da Vespa. Si vedano da altre parti, senza tv, per preparare l’Italia che verrà. Bisogna dare una mano alle imprese che non ce la fanno, ma anche a quelle non ce la facevano prima, volevano rilanciarsi e adesso sono defunte”.ADVERTISING
RIFORME – “Fiscale innanzitutto. Poi sul lavoro e anche della giustizia. Il punto di partenza è sburocratizzare l’Italia. Io per verniciare una porta al cinema Adriano devo prima parlare con i Beni Culturali, poi avvisare il Comune di Roma, i Vigili del Fuoco e le varie Asl… e bla porta intanto è rotta. E se il lavoro me lo faccio da solo, mi arriva pure una sanzione. L’esempio a cui mi riferisco è l’ospedale della Fiera di Milano, costruito in pochi giorni. Se si vuole, si può. E anche il Morandi, non solo i cinesi sono capaci a rifare un ponte in un anno. Abbiamo delle eccellenze, gli italiani sanno lavorare. Semmai togliamo il reddito di cittadinanza, perché di lavoro ce n’è. E anche la giustizia va riformata, snellita, figuriamoci che succede quando riapriranno i tribunali dopo la chiusura, erano ingolfati già prima…”.
CALCIO – “Stesso discorso. Questo dramma deve dare il via alla ricostruzione. Le 20 squadre di Serie A sono un po’ come la Confindustria del pallone, anziché continuare a passare ogni giorno ore in call conference senza cavare un ragno dal buco perché non troviamo una strategia comune? E mi spingo oltre, una strategia mondiale. Invece ognuno dice la sua: io voglio giocare per lo scudetto, io per non andare in B. Giocare… capite? Giocare. Immaginatevi Gabbiadini, avuto il Coronavirus, si è ripreso da poco e devo dirgli magari che a maggio si torna in campo. Non è una macchina, che è spenta e la riaccendi. E che testa avrà per giocare? E poi chi ci andrà allo stadio? La gente? E come, con le mascherine? Basta parlarsi addosso. Affrontiamo questo momento con testa e dignità”.
RIPRESA – “Perché non voglio che la Serie A riparta? Non perché ho paura di retrocedere, come ho sentito dire. Ma perché ritengo che non ci siano le condizioni idonee per ricominciare a giocare. È un fatto fisico, tecnico, ma soprattutto mentale. Ekdal è stato male ed era senza famiglia a Genova, che testa avrà per ripensare al campionato adesso. Bonazzoli, per il virus, ha perso il nonno a cui era legatissimo. Io voglio ripartire, ma pensiamo come, dove e unifichiamoci. Partiamo in Italia e invece la Spagna e l’Inghilterra non lo fanno. Che senso ha? Qualsiasi programma fai oggi è privo di basi, a meno che Dio non ci illumini facendoci scoprire subito il vaccino. Ma non si può ripartire “pronti via”, come certi presidenti vorrebbero. Prima era il 6 aprile, poi il 3 maggio, poi a giugno. Tre partite a settimana, se no non ce la fai a chiudere entro luglio. E poi subito in ritiro per ricominciare e finire a maggio prima dell’Europeo. Vorrei sapere quante squadre sono in grado di reggere un ritmo così frenetico. Come struttura e mentalità. La Sampdoria non hai una rosa di 50 calciatori. Ma nemmeno la Juve ce la farebbe”.