Il pensiero di un tifoso:chissà dove sono quei ragazzi che correvano dietro Bonesso - IL TORO SIAMO NOI
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Il pensiero di un tifoso:chissà dove sono quei ragazzi che correvano dietro Bonesso


Pensate ad una scena : c’è un derby in cui siamo sotto 1-2 contro una squadra nettamente più forte, zeppa di campioni del mondo, con due fra gli stranieri migliori del campionato e che lotta per lo scudetto.
Abbiamo appena segnato il gol che ha riaperto la partita : l’ha messa dentro uno del Fila, uno dei tanti, visto che la squadra è composta in gran parte da ragazzi che mangiano pane e Toro da quando avevano i denti da latte.
Sempre lui, quello con il numero 8 sulla schiena, allarga a sinistra per un altro “dei nostri”, che viene dal canavese ed ha la maglia numero 3…
Parte il cross, ed in mezzo all’area ce n’è un terzo, dei ragazzi del Toro.
Ha la maglia numero 16, perché è sostanzialmente una riserva, ed anche oggi nel derby è partito in panchina.
Quel ragazzo, che si chiama Loris Bonesso, incorna una palla che va a morire alle spalle di un impietrito Zoff per il 2-2.

Ecco, fermate per un attimo questa immagine, perché l’avrete come me vista senz’altro centinaia di volte.
Cosa succede dopo?
Succede che Loris fa una corsa sfrenata agitando il pugno sotto la Maratona, per prendere l’abbraccio di un popolo intero: sembra Pietro Mennea a Mosca 1980.
Dietro di lui, ed è questo il momento realmente emozionante, corrono dei ragazzini con la tuta del Toro addosso: lo inseguono, chi da dietro la porta, chi dai tabelloni….uno addirittura parte da sotto la tribuna a braccia alzate.
Vogliono raggiungerlo per poterlo toccare, per esultare con lui, per sommergerlo in un abbraccio quasi fossero dei compagni di squadra.
Lo sappiamo tutti come finirà quel derby: ne parliamo ancora oggi dopo 35 anni…ma quel che viene dopo non è per me più emozionante della corsa di quei ragazzini del Toro.
Si, perché quei ragazzi erano gente del Toro, gente DA Toro, erano “dei nostri”, come si diceva una volta.
Il Toro era un qualcosa che ti entrava dentro e non se ne andava più via : era ribellione, riscatto sociale, voglia di andare “contro”, non si sa bene a che cosa ma comunque “contro”…

Allo stesso tempo era anche una famiglia, dove chi entrava in campo veniva dal vivaio, aveva raccolto l’eredità da qualcuno che prima di lui aveva compiuto lo stesso percorso ed a sua volta avrebbe lasciato il testimone a qualcun altro “dei nostri”….magari a qualcuno che in quel derby correva braccia al cielo per abbracciarlo.

Dicono che il calcio sia cambiato…ce lo ripetono come un mantra tutti i giorni che dio manda sulla terra.
Si, il calcio è sicuramente cambiato, ma lo snaturare un concetto, un’idea, uno stile di vita così tanto dal svuotarli completamente di ogni valore, dal ribaltarli di significato, dallo stravolgerne completamente i principi fondanti, è inaccettabile.

Negli ultimi 25 anni il Toro è stato distrutto, umiliato, vilipeso, ammazzato, ma soprattutto ne è stata completamente annientata l’essenza.

Allora non c’è da stupirsi se quando siamo vittime di un’ingiustizia non ci sia nemmeno più un capitano capace di far valere le nostre ragioni.
Allora non c’è da stupirsi se a fine partita come sempre sono baci e abbracci con gli avversari.
Allora non c’è da stupirsi se sui social i nostri fanno lingua in bocca con Ronaldo e Dybala dopo un derby nel quale ci hanno prima rapinato e poi sodomizzato senza vaselina.
Allora non c’è da stupirsi se un raccattapalle con addosso la tuta del Toro corra dietro a Ronaldo e poi si faccia regalare i pantaloncini da un altro gobbo.
Non c’è da stupirsi, ma allo stesso tempo c’è da vergognarsi.

È con un atteggiamento lassista, menefreghista, buonista ed ignavo che abbiamo permesso e permettiamo tutto questo.
Abbiamo permesso a Cairo di impagliare il cadavere del Toro rendendolo una scatola vuota, un concetto triste, intriso solo di retorica andata a male.
Il Fila di plastica, il Toro di plastica, i like
su Instagram…ma è questo che vogliamo? È questo che abbiamo imparato ad amare?

Giagnoni, Ferrini, Pupi, Gigiradix, Mondo, Bruno, Annoni, Policano, Ezio , Leo…dove siete finiti?
Qui non c’è rimasto più niente, a parte i ricordi.
C’hanno preso tutto, e glielo abbiamo lasciato fare senza muovere un dito.

I derby si possono perdere, li abbiamo sempre persi : non così grave….ma perdere l’identità, perdere le radici, perdere la memoria di ciò che siamo stati, per noi è la fine del mondo, del nostro mondo.

Non so che fine abbiano fatto quei ragazzi che il ventisette di marzo del 1983 correvano dietro a Bonesso, ma immaginando un passato distopico, sono sicuro che se avessero saputo che a fine partita Loris sarebbe corso a mettere un “like” sulla pagina Instagram di Platini, lo avrebbero rincorso per prenderlo a calci nel culo.